Bologna, 3 gennaio 2025 – Iniziamo l’anno con un bel monito da stampare a chiare lettere: la biosicurezza è una conquista che dobbiamo sostenere affinché lavori a nostro vantaggio.
Lo abbiamo imparato nei tempi del Covid umano e poi con l’EHV-1. I virus fanno parte del nostro mondo e adottare con scienza e coscienza ogni misura per evitare contagi e pandemie è importante. Non ci sono scorciatoie. Non è il caso di fare i furbi. Se la scienza ci chiede di adottare delle misure di tutela, ignorarle, cercare di eluderle o perfino considerarle superflue non è pericoloso per un singolo. Bensì per tutti.
Perché parliamo di virus e biosicurezza?
Semplicemente perché dalla Mongolia – lontanissima ma allo stesso tempo dietro l’angolo quando si parla di virus – arriva la notizia che l’H5N1 è stato rilevato in alcuni branchi di cavalli selvaggi.
L’aviaria, che si diffonde facilmente tra i volatili, ha ‘filoni’ che possono interessare anche altre specie. Nel marzo del 2023 ne sono stati riscontrati casi tra i bovini negli States e nel 2024, sempre negli Stati Uniti, sono stati segnalati complessivamente 66 casi umani di influenza aviaria H5N1.
I virologi ritengono che questo virus abbia una bassa capacità di trasmissione nell’uomo e tuttavia gira da così tanto tempo che le sue mutazioni davvero non si contano.
Il parere della scienza
Secondo Ilaria Capua, volto noto nel buio periodo della pandemia e prima a svelare l’identità del virus, «…l’H5N1 si trova in una serie di mammiferi e più circola in questi mammiferi, più si avvicina all’uomo. E ogni volta che passa in un mammifero, acquisisce delle mutazioni che poi possono renderlo capace non solo di infettare più efficacemente l’uomo, ma di trasformarlo a sua volta in un vettore infettivo di altre persone. Finora non è successo, non ci sono stati casi di trasmissione da uomo a uomo. Però di virus ce n’è così tanto in circolazione…».
Per Pablo Murcia, DVM, PhD, dell’University of Glasgow Center for Virus Research, che ha fatto parte del team di ricerca internazionale che ha individuato il virus H5N1 nella mandria mongola, i cavalli sono ospiti naturali dei virus influenzali. Sono tuttavia abitualmente esposti a virus meno patogeni dell’influenza aviaria H3N8.
Sebbene nessuno dei cavalli mongoli in cui gli studiosi hanno trovato anticorpi H5N1 abbia mostrato segni di malattia, questa scoperta solleva diverse preoccupazioni. La prima è il potenziale “spillover”, il processo in cui un virus si trasferisce da una specie all’altra. «Se un essere umano – spiega Murcia – viene infettato dall’H5N1 da un animale, potrebbe ammalarsi o addirittura morire. Ma è improbabile che trasmetta il virus a un altro essere umano. Con i virus che evolvono molto velocemente, come il virus influenzale, più sono le infezioni spillover, più opportunità ha il virus di adattarsi a un nuovo ospite e trasmettersi da individuo a individuo in quella specie».
La possibilità che una persona possa contrarre l’H5N1 da un cavallo infetto rimane bassa ma non nulla, afferma Murcia. «Sappiamo che i cavalli possono fungere da fonte di nuovi virus influenzali per altre specie. Ad esempio, il virus dell’influenza equina (H3N8) è passato ai cani all’inizio degli anni 2000 e si è affermato come virus dell’influenza canina».
L’allarmismo non paga. Scienza e attenzione sì
Lungi dal creare un clima di allarme indiscriminato, la comparsa degli anticorpi dell’H5N1 nei cavalli è una informazione preziosa. Che mette la ricerca un passo davanti alla possibile diffusione del virus. Laddove gli attuali vaccini hanno mostrato in vitro inefficacia rispetto a questa declinazione dell’aviaria, la tecnologia per i virus influenzali esiste da decenni ed è ben rodata. Gli studiosi stanno già lavorando su vaccini sia convenzionali sia innovativi. E sugli antivirali.
Per quanto ci riguarda, intanto che aspettiamo di capire come evolverà la cosa, ricordiamoci le buone regole che abbiamo imparato per noi durante il Covid e per i cavalli durante l’EHV-1. Regole semplici e funzionali per il ‘fortino’ della biosicurezza.